Nell’ultimo articolo qui sul blog abbiamo parlato di digital rebranding sottolineando quanto sia importante la programmazione e la consapevolezza degli obiettivi strategici quando si procede con un cambio di immagine di un brand.
Lo stesso paradigma vale per la migrazione SEO, cioè il cambiamento strutturale di un sito che, se svolto correttamente, permette di non perdere posizionamenti né tantomeno diminuire le performance organiche.

In questo articolo affrontiamo quindi il tema della Migrazione SEO di un sito web: cercheremo di capire cos’è, quali sono le situazioni che richiedono una migrazione (e in quali invece potrebbe non essere necessaria), e soprattutto, quali sono i rischi che si corrono nel farla con poca attenzione ai dettagli e con poche competenze tecniche (spoiler: sono tanti!).

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Migrazione SEO: cos’è e a cosa serve

La migrazione SEO è l’insieme delle attività tecniche che si effettuano nella fase di messa online di un sito, con lo scopo di non compromettere le performance e di non perdere posizioni e trust. 

Quando si parla di migrazione SEO, bisogna prima di tutto tenere a mente che i siti vengono periodicamente e ciclicamente analizzati dai motori di ricerca, oltre a essere visitati dagli utenti che generano impression e traffico sul sito. 

Le interazioni che questi due attori generano con il sito si traducono in un punteggio, una valutazione della qualità del contenuto proposto, ovvero: 

  • Trust: i motori di ricerca attribuiscono un valore che misura l’autorità di un sito sulla base della percezione e dell’interazione degli utenti, oltre che della quantità e qualità dei backlink. Questo valore si consolida e aggiorna nel tempo, proprio in base alle dinamiche che il sito muove e subisce; 
  • Posizionamenti: anche ottenere posizionamenti può essere considerata una conseguenza a una valutazione dei motori di ricerca, perché se i contenuti riescono a coprire esaustivamente l’intento di ricerca dell’utente vengono premiati e posizionati in alto nelle SERP ricevendo visibilità.

Apportare modifiche al proprio sito può essere una minaccia per la stabilità di queste due metriche perché modifiche strutturali possono variare gli equilibri conquistati nel tempo: modificando la struttura del proprio sito, commettendo - ad esempio - errori nei reindirizzamenti, si può causare un brusco calo di traffico organico e una diminuzione del trust

Dunque, i brand che decidono di effettuare un restyling al proprio sito o che decidono di modificare il nome del dominio, o che ancora vogliono cambiare piattaforma di hosting, devono essere consapevoli che tutti i cambiamenti rappresentano una minaccia potenziale all’equilibrio conquistato. 

Uomo avvisato...

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Migrazione di un sito: quando potresti averne bisogno

Abbiamo quindi capito a cosa ci riferiamo quando si parla di Migrazione SEO, ma dobbiamo ancora spiegare quando questo tipo di attività risulta necessaria.

Le migrazioni SEO dei siti web possono essere richieste in diverse situazioni. Tra le più comuni ci sono: 

  • Modifica degli url: è frequente la necessità di modificare gli url delle pagine del proprio sito per ottimizzarne la leggibilità (per esempio riducendo la lunghezza o inserendo keyword), per correggere errori negli url c o per aggiornare le date quando obsolete. 
  • Modifica del nome del dominio;
  • Unione di più contenuti: se sono presenti più pagine relative allo stesso argomento, è possibile che si “cannibalizzino” a vicenda sulle stesse SERP. Diventa quindi necessario unirle in una sola pagina;
  • Restyling del sito: la riprogettazione del sito che ne modifica l’aspetto spesso determina la rimozione o la modifica di contenuti, e quindi richiede un’attività di migrazione
  • Modifica del protocollo di sicurezza: quando si effettua il passaggio da http a https tutti gli url del sito vengono modificati;
  • Cambio del CMS: spesso, quando siti crescono di volume in termini di visitatori e funzionalità, potrebbe essere necessario passare a un CMS adeguato in termini di funzionalità e performance.

Esistono quindi diverse ragioni che potrebbero spingerti a voler procedere con una migrazione SEO. La verità, però, è che non sempre la migrazione rappresenta la soluzione migliore!

Migrazione SEO: perché è importante non sbagliare

Immagina di star tornando da un lungo e intenso viaggio, diciamo in Marocco, durante il quale hai selezionato attentamente i souvenir da portare con te al ritorno. Tra di essi, una boccetta di prezioso olio di argan marocchino, la cui ricerca ti è costata soldi e tempo! 

Rientri finalmente a casa e aprendo la valigia ti accorgi che il prezioso olio non è più dentro la boccetta, ma è sparso in valigia e ha rovinato tutti i tuoi averi

Ecco, nella migliore delle ipotesi farai un bel respiro e inizierai a cercare di recuperare il recuperabile, chiedendoti perché non hai pensato di assicurare la boccetta e il suo contenuto con maggiore attenzione prima del viaggio

Le dinamiche possono sembrare diverse, ma è proprio questa la sensazione che si prova nel commettere errori durante una migrazione SEO: aver perso, per disattenzione, una cosa preziosa, che ti ha richiesto tempo e denaro in passato e te ne richiederà ancora, adesso che è persa. 

Cosa si perde quando si commettono errori durante la migrazione? 

  • Posizionamenti 
  • Traffico organico (e quindi visite) 
  • Autorità (trust) 
  • Conversioni
  • Ma soprattutto… Profitti!

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Come effettuare la migrazione di un sito SEO e non perdere profitti

Potremmo cominciare dicendo che il miglior modo per effettuare una migrazione SEO è non farla. 

Come abbiamo visto le necessità che portano a voler migrare il proprio sito sono parecchie. Spesso, però, la soluzione migliore sta nel riuscire a trovare soluzioni di minore impatto, che ci permettano di non rischiare di perdere le conquistate posizioni sui motori di ricerca e la loro fiducia.

Nel caso in cui la migrazione si rivelasse indispensabile, bisogna tenere a mente tre principi fondamentali:

  • PERSONE: Affidarsi a chi è competente è sempre meglio che improvvisarsi esperti;
  • STRUMENTI: Avere accesso a tools specifici ci permette di organizzare e implementare meglio il lavoro;
  • OBIETTIVI: definire le priorità e pianificare le attività è indispensabile per riuscire a non commettere errori.

Anche una migrazione svolta alla perfezione potrebbe comunque generare delle lievi flessioni negative nei posizionamenti organici, che tendenzialmente però viene recuperata con il tempo. 

Nella nostra esperienza in Instilla ci è capitato spesso di aiutare a “tornare sulla terraferma” chi ha scelto di intraprendere percorsi tempestosi di migrazione in autonomia, causando scenari disastrosi in termini di rendimento della pagina e raccolta di traffico organico. 

Grazie a queste esperienze abbiamo imparato che niente è perduto per sempre, purché si agisca in fretta! 

In particolare, gli e-commerce che effettuano una migrazione e che si posizionano per molte chiavi transazionali o commerciali devono tenere a mente che perdere posizioni sulle SERP ultra competitive come queste rappresenta una regressione che può essere recuperata solo se le modifiche avvengono entro il breve periodo

Tenendo questo a mente, possiamo ora individuare tre macro fasi della migrazione SEO di un sito web.

PRIMA FASE DELLA MIGRAZIONE SEO: PREPARAZIONE

Nella primissima fase è necessario raccogliere quante più informazioni possibile per mappare lo stato attuale e non “perdere pezzi” durante la fase operativa della migrazione. È altrettanto importante definire le tempistiche entro le quali definire il piano di azione per procedere senza tralasciare elementi importanti. 

Elenchiamo le operazioni essenziali:

  • Mappatura degli url esistenti (e conseguente individuazione degli indirizzi che rimarranno e di quelli che invece non verranno mantenuti);
  • Mappatura dei backlink esistenti;
  • Mappatura delle immagini (anche queste possono ricevere backlink);
  • Accertamento delle performance tecniche del nuovo sito; 
  • Creazione delle regole di redirect per associare le vecchie pagine alle nuove;
  • Creazione della nuova sitemap.xml e del file robots.txt per permettere a Google di indicizzare i contenuti e analizzarli per il posizionamento;
  • Mappatura dei posizionamenti con relative keyword, così da monitorare nelle fasi successive la loro evoluzione;
  • Impostazione della pagina 404 sul nuovo sito per aiutare gli utenti a continuare la navigazione correttamente;
  • Analisi e creazione dei nuovi heading e meta tag;
  • Correzione di eventuali criticità prima della messa online del nuovo sito;
  • Audit tecnico del nuovo sito. 

Per eseguire queste operazioni puoi rivolgerti a team competenti e/o utilizzare strumenti di crawling come Screaming Frog.

SECONDA FASE DELLA MIGRAZIONE SEO: MIGRATION DAY

La seconda fase della migrazione è quella in cui il rischio di commettere errori è più alto, perché si metteranno in atto tutte le pratiche necessarie a migrare le informazioni e i contenuti del tuo vecchio sito verso quello nuovo. 

In questa fase è necessario accertarsi di: 

  • Mettere online il nuovo sito, mantenendo il vecchio ancora live. Si potrebbero anche impostare e testare i redirect nel nuovo sito in staging prima della messa online; 
  • Attivare tutti i reindirizzamenti;
  • Assicurarsi che tutti i backlink indirizzino verso il nuovo sito, perché nonostante le regole di reindirizzamento molto “link juice” potrebbe andar perso;
  • Inviare il nuovo file robots.txt, comunicando a Google la messa on line del nuovo sito;
  • Collegare le console di Google Analytics e Google Search Console;
  • Effettuare una scansione del nuovo sito per controllare che non si verifichino errori;

TERZA FASE DELLA MIGRAZIONE SEO: MONITORAGGIO

Ci siamo! Il sito è online e, se fino ad ora tutto è filato liscio, questa fase sarà (in linea teorica) la più tranquilla, ma anche la più imprevedibile.

La fase di monitoraggio infatti nella migrazione SEO può portare alla luce alcune incongruenze per le quali potrebbe essere necessario ripercorrere tutti i passaggi di verifica tecnici. Per poterlo fare è indispensabile: 

  • Controllare periodicamente (anche ogni giorno nei primi periodi) le console di Google Analytics e Search Console per verificare che il tracciamento avvenga regolarmente. 
  • Una volta accertata l’assenza di errori tramite un crawler, inviare la nuova sitemap, sia del vecchio che del nuovo sito. 
  • Tracciare i posizionamenti, che tendenzialmente potrebbero aver perso posizioni, per riuscire a indirizzare le strategie per la loro ripresa.

In questa fase l’obiettivo è quello di mantenere le prestazioni del nuovo sito quanto più possibile simili a quelle del vecchio ed eventualmente modificare e adattare la strategia SEO per migliorare le prestazioni sui motori di ricerca.

Leggi anche: Google MUM e le nuove potenzialità dell’informazione online

Conclusione

Adesso hai tutti gli strumenti per capire se hai davvero bisogno di una migrazione SEO. Se (nonostante le premesse) pensi ancora che una migrazione sia necessaria per il tuo e-commerce o per il tuo sito, il nostro consiglio è di rivolgerti a esperti di SEO per poterla portare a termine in modo corretto e senza alcun rischio!

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